La normativa sulla videosorveglianza (o legge sulla videosorveglianza) regola il trattamento dei dati personali in luoghi pubblici e privati ove è installato un impianto di videosorveglianza.
Il sistema di videosorveglianza implica, per definizione, una registrazione di immagini, che esse siano statiche o in movimento. Queste immagini poi vengono archiviate in memorie e condivise con chi di competenza, cioè autorità o periti assicurativi. L’obiettivo di immagazzinare i dati è quello di garantire maggiore sicurezza.
Le telecamere di videosorveglianza possono riprendere volti e comportamenti di chiunque. Questo implica che i sistemi di videosorveglianza devono essere installati in ottemperanza a vincoli ben precisi, la cui violazione potrebbe comportare multe, anche salate.
Normativa videosorveglianza: il rispetto della privacy
Lo spartiacque in ambito di impianti di videosorveglianza e trattamento delle immagini è stato il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Esso impone limiti abbastanza precisi, tuttavia, la conformità di un impianto di videosorveglianza rimane subordinata alla discrezione dell’utente (e di fatto anche dell’installatore professionista). È responsabilità del titolare del trattamento – e cioè del proprietario dell’immobile o del datore nei confronti dei suoi lavoratori – gestire i dati in conformità con quanto previsto dal GDPR.
Immaginiamo un impianto di videosorveglianza le cui telecamere puntano verso il cortile di un capannone. Se qualcuno gira una telecamera orientandola verso il parcheggio esterno, sarà l’amministratore del capannone stesso a risponderne al garante della privacy. Ciò accadrebbe nel caso in cui questi ricevesse una segnalazione da un cittadino .
La segnalazione può arrivare nella misura in cui la telecamera funziona senza autorizzazione filmando un’area esterna al cortile di pertinenza. È quindi molto importante che il lavoro sia svolto a regola d’arte anche se parliamo di impianti posizionati e configurati in fai-da-te.
Normativa videosorveglianza: cosa dice il GDPR sull’installazione di una telecamera di sorveglianza privata?
La legge italiana è inquadrata nella più ampia cornice del GDPR. L’installazione, per non violare questo regolamento, deve rispondere ad una serie di requisiti validi sia nei luoghi pubblici che nei contesti privati.
- I fruitori dello spazio, innanzitutto, devono essere informati che in quell’area sono operative una o più telecamere. L’avviso avviene di solito tramite cartellonistica segnaletica.
- La conservazione delle immagini deve avvenire su supporti di memoria che garantiscano l’archiviazione sicura e l’accesso esclusivo a persone autorizzate (per esempio il titolare del trattamento dati o la polizia su espressa richiesta).
- I dati raccolti per fini specifici di videosorveglianza devono essere utilizzati per questo scopo. Sfruttare le immagini per studiare i comportamenti del pubblico e poi elaborare statistiche commerciali, ad esempio, è una palese violazione della privacy personale.
- Se l’impianto tratta dati biometrici, ovvero dati impiegati per l’identificazione delle persone fisiche (dal riconoscimento facciale alla rilevazione della voce), si considera come obbligatoria la valutazione di impatto (con eventuale verifica preliminare del Garante).
Quindi, la normativa sugli impianti coinvolge numerosi aspetti che spaziano dalla nomina del titolare del trattamento dati alla segnalazione delle telecamere con cartelli idonei. Occorre, dunque, informarsi molto bene prima di procedere. È indispensabile adottare tutte le misure necessarie per assicurare massima trasparenza nei confronti dei lavoratori e di chi visita la tua abitazione in modo abituale oppure occasionale (parenti, vicini, amici, colleghi, venditori ambulanti, fattorini, elettricisti, idraulici, ecc).
Come installare la tua telecamera di videosorveglianza?
L’installazione di una telecamera di sorveglianza è un compito che richiede estrema cautela. Nessuno ha infatti il diritto di filmare senza le dovute motivazioni e usare le immagini registrate per secondi fini, nemmeno dentro casa propria! Ne consegue che il posizionamento stesso delle telecamere, così come il loro orientamento e quindi l’area coperta dall’obiettivo, devono essere studiati con attenzione, pena la mancanza delle misure minime stabilite nel GDPR.
Da quello che si apprende dalla normativa sulla videosorveglianza, le ipotesi che toccano la quasi totalità degli scenari sono due: telecamere in esterno e telecamere da interno.
- Telecamera per esterni: la telecamera in esterno si posiziona esclusivamente lungo il perimetro della proprietà (cancello di ingresso, facciata, garage, box attrezzi, piscina, ecc). Spostare l’obiettivo verso la strada pubblica o il retrobottega comporterà una possibile violazione della privacy. Lo stesso vale per le riprese di ciò che succede nel piano o nell’androne del condominio: in nessun caso l’inquilino, anche se proprietario, è autorizzato a filmare queste aree promiscue condivise con il resto dei condomini. Di fatto sarebbe un altro esempio di violazione della privacy altrui.
- Telecamera per interno: per una maggiore sicurezza della casa è possibile installare una o più telecamere da interno. Ricordiamoci che non siamo autorizzati a trattare le immagini come vogliamo. Infatti, in casa potrebbero entrare anche persone sconosciute (ma non per questo malintenzionate), che hanno tutto il diritto di sapere se l’area è sottoposta a videosorveglianza. Inoltre, è loro diritto poter chiedere, anche a voce, chiarimenti sulle finalità della registrazione.
Normativa videosorveglianza privata: dove non si possono mettere le telecamere?
È vietato installare telecamere di videosorveglianza che riprendono aree non private, di pertinenza condominiale o ad uso pubblico. In sostanza, le telecamere devono essere disposte in maniera tale da non inquadrare, anche in parte, aree condominiali come:
- corridoi
- atrii / hall
- ascensori
- rampe di scale e sottoscala
- cortili
- garage
e ogni altra area comune ad altri condomini e a terzi.
In che modo informare le persone che transitano nelle aree video-sorvegliate?
La legge sulla videosorveglianza permette di utilizzare un cartello che indica la presenza di telecamere, nonché il titolare dei dati acquisiti, comprese le finalità. Il formato ed i contenuti in esso inseriti, possono anche subire delle variazioni in base alle circostanze.
Occorre precisare che il formato informativo va collocato subito prima dell’ingresso all’area sorvegliata. Non è obbligatorio segnalare l’ubicazione delle telecamere, a patto che sia inequivocabilmente chiara e definita l’area soggetta a riprese video. È, invece, obbligatorio citare l’articolo 13 del regolamento, rimandando alla sua lettura completa e indicando il metodo di comunicazione utilizzato per prendere visione (sito internet, bacheche in loco o altro).
In sostanza, ogni soggetto interessato a presenziare un’area video-sorvegliata deve essere al corrente di:
- quale sia l’area sorvegliata da telecamere;
- chi è il titolare dei dati personali;
- dove e come prendere visione dell’articolo 13 del Regolamento, in completa autonomia.
Il tutto in maniera chiara e senza equivoci, così da poter regolare il proprio comportamento nelle aree soggette a videosorveglianza privata.
Per quanto tempo è possibile conservare i video registrati?
Ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del D.L. 23/02/2009 n.11, salvo diversa comunicazione nell’apposito cartello informativo, si definisce:
La conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione.
Tuttavia, in base al contesto e alle finalità è possibile indicare nel formato informativo un tempo diverso. Spetta al titolare dei dati personali definire i tempi di conservazione delle registrazioni video, indicando i metodi di salvataggio e la loro protezione, nonché i rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
È possibile prolungare i tempi di conservazione delle registrazioni oltre il tempo specificato?
In alcuni casi, è possibile prolungare i tempi di conservazione dei video acquisiti oltre quanto riportato nei cartelli informativi. È il caso di specifiche richieste delle autorità giudiziarie (o della polizia giudiziaria) relative ad un’attività investigativa in corso.
Occorre avere l’autorizzazione del Garante per installare le telecamere?
No. Non è richiesta alcuna autorizzazione da parte del Garante per effettuare installazioni di impianti di videosorveglianza.
Vige il principio di responsabilizzazione (art. 5, par.2 del Regolamento) mediante il quale il titolare del trattamento deve valutare il contesto, le parti coinvolte e l’ammissibilità del trattamento, al fine di tracciare un quadro completo dei rischi e delle opportunità rilevabili.
A quali sanzioni si incorre in caso di violazione della normativa di videosorveglianza?
Normalmente, la violazione di almeno uno dei punti delle linee guida sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video comporta la sanzione pecuniaria. La somma da versare varia in base a molti fattori: dal numero di telecamere contemporaneamente in registrazione, alla tempestività con la quale vengono smaltite una volta appresa l’illiceità. Senza considerare i danni morali e materiali conseguenti alla cattura di informazioni personali relative a persone o terze parti riprese durante la registrazione.
Di norma, l’ammontare da pagare si può considerare variabile da qualche migliaio di euro fino a diverse centinaia di mila euro.
Fonte: Garante della Privacy per la Videosorveglianza